Posts Tagged ‘a cento passi dal Duomo’

23 proiettili contro Giulio Cavalli

febbraio 7, 2010

Giulio Cavalli (Foto tratta da cultura.blogosfere.it)

23 proiettili inesplosi. E salta la replica dell’ultimo spettacolo di Giulio Cavalli. Una nuova intimidazione per l’attore e regista teatrale, che vive sotto scorta da dieci mesi dopo aver messo in scena Do ut des, uno spettacolo che mette in ridicolo i riti della mafia. Intimidazioni a cui lui aveva risposto con A cento passi dal Duomo, un monologo che racconta la criminalità organizzata in Lombardia, e candidandosi con l’Idv alle prossime regionali.
Ieri pomeriggio nel parcheggio davanti al teatro Oscar, dove doveva andare in scena L’apocalissa rimandata, ovvero benvenura catatstrofe, tratto da un testo di Dario Fo, il direttore artistico del teatro ha visto tre proiettili inesplosi. La Digos, subito chiamata, ne hai poi trovati altri 20.
A Cavalli non è restato che salire sul palco e annunciare al pubblico già seduto in sala che la replica era annullata. “Non ho più la tranquillità di poter fare il mio lavoro”, ha detto. “Considero troppo importante il contatto con il pubblico e non ho nessuna intenzione di perderlo. Non riesco a concepire che la mia vita e soprattutto il mio lavoro debbano essere così duramente stravolti da questi eventi. Avrei voluto vederli questi omuncoli mentre gettavano a terra la loro viltà scambiandola per coraggio. Avrei voluto vedere il loro sguardo vuoto mentre pensavano di compiere un gesto importante. Vorrei solo che non si parlasse più di coincidenze e che tutti cominciassero a capire che questi segnali sono pericolosi”.
Per maggiori informazioni sulle prossime repliche, si possono concultare i siti http://www.tieffeteatro.it e www.teatronline.com.

Giulio Cavalli racconta la sua Milano

febbraio 5, 2010

L'attore Giulio Cavalli

«La mia Milano è quella di Giorgio Ambrosoli, assassinato per aver liquidato la Banca Privata Italiana
di Michele Sindona, di Emilio Alessandrini e Guido Galli, giudici uccisi dai terroristi di Prima Linea». A parlare è Giulio Cavalli, 32 anni, attore, regista e direttore del teatro Nebiolo di Tavazzano, a pochi chilometri
da Melegnano. Il suo è un teatro civile che vuole tenere viva la memoria.Dopo aver scritto uno spettacolo sulle 118 vittime della strage di Linate dell’8 ottobre 2001, quando due aerei si scontrarono sulla pista d’atterraggio provocando il più alto numero di morti in un incidente aereo in Italia, nel 2008 ha portato in scena Do ut des, pièce tragicomica sui riti mafiosi. L’ironia di Cavalli ha colpito nel segno, tanto che da dieci mesi vive sotto scorta dopo le minacce della criminalità organizzata. Il «Saviano del Nord» ha risposto con A cento passi dal Duomo, un monologo in cui racconta le infiltrazioni dell’ndrangheta in Lombardia scritto insieme a Gianni Barbacetto de Il Fatto quotidiano. E l’Italia dei Valori lo ha candidato alle prossime Regionali.
«La mia storia inizia in viale Piceno. Dove oggi c’è una sede della Provincia, negli anni ‘70 c’era un orfanotrofio: lì ho vissuto fino a due anni. Per questo con Milano ho un rapporto di amore-odio. Da quando sono sotto protezione i miei movimenti sono molto limitati e per me è difficile girare liberamente, ma se cammino per strada e mi guardo intorno mi chiedo sempre dove sono nato. Ogni casa potrebbe essere la mia».
Cresciuto a Tavazzano, Giulio ha studiato recitazione al Centro di ricerca per il teatro. «E per me, come per tutti quelli che fanno il mio mestiere,la città è soprattutto un palcoscenico e un camerino». La sua attenzione è rivolta soprattutto al mondo del teatro. «Sembrano esistere solo la Scala e il Piccolo. Il giorno della “prima” si accendono i riflettori e si stende il tappeto rosso. Ma vorrei che, di tanto in tanto, qualcuno si ricordasse delle decine di spettacoli in cartellone ogni giorno. E del lavoro di scenografi e costumisti che c’è dietro ad ogni spettacolo. I grandi numeri sono solo un placebo, nel settore della cultura è importante impegnarsi con costanza». Fra i piccoli palcoscenici poco conosciuti, Cavalli ne sceglie tre. Il Pim Spazio Scenico, in via Tertulliano, il Teatro della Cooperativa,in via Hermada, e l’Atir – Teatro Ringhiera, in via Boifava. «Qui c’è ancora gente che lavora, si impegna e fa “artigianato culturale”,interpretando il vero spirito lombardo». Il problema, prosegue, è che «Milano, dopo aver inventato la pubblicità, ne è rimasta schiava e si è plastificata. Quello che serve è più sostanza. La città non è un prodotto, ma un insieme di persone».
Ma si sente milanese o no? «Quando sento la città coltivare la sua memoria e stringersi intorno alle vittime, come cerco di fare con i miei testi, allora sento anch’io di farne parte».
Come è successo quando è andato in scena Linate 8 ottobre 2001: la strage. «In quell’occasione», racconta,
«ho sentito l’abbraccio di tutti i cittadini che si sono fatti carico della tragedia. In un certo senso,
i funerali di Stato in Duomo rappresentano una risposta a quelli di Giorgio Ambrosoli, celebrati il 14 luglio 1979, dove non si presentò nessun rappresentante delle Istituzioni».
Ed è proprio dall’omicidio di Ambrosoli che parte A cento passi dal Duomo, per attraversare tutta la metropoli e il suo hinterland. Da Buccinasco (rinominata la «Platì del Nord») all’Ortomercato controllato
dalle cosche, fino agli aperitivi del centro, frequentati dai figli dei vecchi boss. «La città ha bisogno di reagire. È un simbolo di operosità, piena di persone che si dedicano al lavoro. Quando racconto queste storie non lo faccio per rovinarle l’immagine». Ma per metterla in guardia dalla criminalità organizzata
in giacca e cravatta che potrebbe infiltrarsi negli appalti dell’Expo. «Che non è per forza un male, ma non va neanche santificato. È un’occasione, a patto che non si trasformi in un evento isolato. Mi sembra però che manchino progetti concreti».
Piazze, strade e ristoranti. Per Giulio, per via dell’adozione, non è sempre facile parlare di Milano. Ma vuole ricordare il Bosco di faggi nel parco di via Forlanini, lungo il vialone che porta a Linate. Centodiciotto
giovani alberi piantati per ricordare i morti dell’8 ottobre, con al centro la scultura Dolore infinito dell’artista svedese Christer Bording, ispirata ai monoliti usati nella tradizione scandinava per commemorare i defunti. «Un luogo conosciuto da pochi. Sarebbe bello se questo parco della memoria si trovasse in centro, e non seminascosto in periferia».